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Tra i vini di Rocca Bernarda spicca tra tutti il Picolit, vera perla del Friuli.

Il nome del vino e quello del vitigno da cui deriva Picolit sembra attribuibile al termine “pecòl – picòl” cioè “peduncolo” in quanto ricorda la morfologia di un grappolo dal peduncolo rossiccio e di grosse dimensioni. La prima attestazione storica del Picolit risale al 1682 in un atto testamentario si parla di: “Un caratello di Vino Piccolit dolce”, anche se fino al 700’ rimase un vino sconosciuto.

A Rocca Bernarda si deve la sopravvivenza del Picolit, perla dell’enologia friulana.

La resurrezione moderna è legata a Rocca Bernarda. Qui si iniziò con rifondare l’antica vigna di Picolit cercando di trovare una soluzione anche al principale problema del vitigno: la sua scarsa produttività.

Il Picolit, ritrovava così il suo posto nei vigneti. Oggi l’uva Picolit è vendemmiata a mano negli ultimi giorni di ottobre. Per un mese circa viene posta su graticci in locali ventilati fino a che la concentrazione zuccherina raggiunge il livello desiderato. In questo periodo i grappoli sono più volte sottoposti a selezione manuale per eliminare eventuali acini ammuffiti o guasti. Dopo la pressatura, la fermentazione si svolge lentamente in carati di legno e termina spontaneamente con i primi freddi invernali, lasciando un residuo zuccherino piuttosto elevato. Una successiva fase di maturazione sui lieviti e l’imbottigliamento a 18 mesi dalla vendemmia, favoriscono la longevità del Picolit.

Il vino veniva venduto, sfruttando lo snodo commerciale di Venezia, nelle principali città e corti europee ed anche presso i Papi. L’operazione era redditizia grazie all’alto valore aggiunto del vino (29 volte più caro della media dei prezzi di vino comune dell’epoca), alla buona conservabilità nello spazio e nel tempo ed alla clientela selezionata: nel 1785 raggiunse il massimo di 4757 bottiglie da 0,61 litri vendute. Già nei primi anni dell’800’ e contemporaneamente alla morte di Asquini il Picolit aveva iniziato una lenta decadenza anche se continua ad essere citato da vari autori e lo ritroviamo nelle esposizioni di uve dell’epoca. In particolare il toscano G.Gallesio lo inserisce come unica uva friulana (Uva del Friuli o Piccolitto) nel suo “Pomona italiana ossia Trattato degli alberi fruttiferi” e ci riferisce di un sistema di produzione simile al metodo “solera” utilizzato per produrre lo Cherry ed il Malaga. A tal proposito Luigi Veronelli nella prima edizione dei “Vini d’Italia”scrisse: “Non credo vi sia in Italia vino più nobile di questo…potrebbe essere orgoglio di tutta la nostra enologia solo se si riuscisse a stabilizzarne la coltura e la vinificazione”. Negli ultimi anni il buon lavoro svolto dalle aziende in campagna e cantina ha portato al “Decreto 30 marzo 2006” con il quale il Ministero delle P.A. e F. ha riconosciuto la Denominazione di Origine Controllata e Garantita DOCG del vino “Colli Orientali del Friuli Picolit” nonché approvato il relativo disciplinare di produzione.

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